Cybersecurity: quanto conta il fattore umano?

Cybersecurity: quanto conta il fattore umano?

Quanto può essere determinante il fattore umano nel garantire la cybersecurity di un’azienda? Spesso si tende a sottovalutare il fatto che anche il comportamento più innocuo possa in realtà avere delle ripercussioni disastrose in termini di cybersecurity.

A peggiorare la situazione si aggiunge anche il periodo storico che stiamo vivendo, tutt’altro che favorevole. Non è una casualità, se con la pandemia e il consolidamento dello Smart Working (si pensi che solo in Italia ci sono più di 5 milioni di smart workers) sia stato registrato anche un incremento degli attacchi informatici. Infatti, lavorando da casa, le persone sono meno soggette a controlli e più inclini a commettere leggerezze: solo per citarne una, l’invio di documenti aziendali ad un indirizzo di posta personale sembra essere all’ordine del giorno.

Inoltre, è bene ricordare che all’interno di una organizzazione tutti i computer sono muniti di una Vpn (sigla che sta per Virtual Private Network) che permette di tener traccia di tutte le azioni e lavorare in un ambiente informatico sicuro anche da remoto; la stessa protezione ovviamente non è garantita quando l’utente, durante lo Smart Working, utilizza il computer personale.

Scendendo più nel concreto, quali sono le conseguenze di queste condotte improprie? Come si può facilmente dedurre, tali comportamenti possono determinare:

Perdita di dati sensibili aziendali nel caso in cui i documenti riguardino solo l’azienda

Violazione di privacy e data breach nel caso in cui i documenti in questione contengano anche informazioni riservate sui clienti.

Quali sono gli attacchi più gettonati?

Ovviamente i cyber criminali non hanno perso in questi mesi l’occasione di sfruttare il caos generale provocato dalla pandemia per mettere in difficoltà le aziende e sfoderare i loro attacchi, sfruttando l’errore umano. Tra i più gettonati sicuramente abbiamo:

Phishing che consiste in una truffa via email attraverso la quale il malintenzionato convince la vittima a fornire dati personali o codici di accesso fingendo un’altra identità.
Ransomware: virus che rende inaccessibili i dati dei computer infettati, i quali sono ripristinabili solo dopo un riscatto.

Cybersecurtity: un tassello indispensabile per la cultura aziendale

In ultima analisi, risulta veramente difficile trovare una soluzione che funga da rimedio universale agli attacchi in quanto i cyber criminali sono sempre alla ricerca di tecniche e strumenti innovativi per evadere qualsiasi tipo di controllo.

Tuttavia, è possibile quanto meno limitare tali fenomeni. Come? Il primo passo è sicuramente quello di includere il tema della sicurezza informatica all’interno della cultura aziendale, aumentando la consapevolezza dei dipendenti al riguardo. È necessaria un vero e proprio cambiamento della forma mentis: infatti, a volte basta veramente poco per cadere nelle grinfie di malintenzionati e causare danni irrimediabili all’azienda sia a livello di reputazione che di bilancio.

La comunicazione di un Data Breach: come fare per gestirla

La comunicazione di un Data Breach: come fare per gestirla

Un data breach è una falla nei sistemi informativi, una violazione dei dati personali e va notificato al Garante per la Privacy.

La gestione del data breach va gestita sotto due aspetti: quello interno di interesse del reparto tecnico e organizzativo, quello esterno di interesse degli utenti finali.

Vediamo come fare per gestirla

Internamente bisogna attivarsi per individuare le cause della falla e intervenire per risolverla. Esternamente è necessario una comunicazione tempestiva che informi compiutamente e correttamente tutti gli utenti.

In questo caso quindi si adopera un Comunicato Stampa idoneo a rispondere a importanti quesiti. Cosa è successo, che impatto avrà sugli utenti finali e cosa sta facendo l’azienda per riparare il data breach. È rilevante pertanto essere trasparenti, tempestivi nella comunicazione e offrire un indirizzo per gli utenti che vorranno chiarimenti.

La tempestività risulta quindi l’elemento cardine per la gestione del data breach.

Comunicare con i propri utenti finali risulta quindi di vitale importanza

Nel caso in cui l’azienda ha bisogno di qualche giorno per effettuare le opportune ricerche per individuare l’oggetto informativo di data breach, si raccomanda la creazione di un’apposita sezione informativa sul sito. In questo modo utenti saranno aggiornati quotidianamente attraverso le e-mail. In modo tale da garantire agli utenti una buona comunicazione e la rassicurazione che l’azienda si sta adoperando per la gestione ottimale dell’attacco.

L’utente finale ha il diritto di interpellare l’azienda, che ha il dovere di rispondere. In caso di mancata risposta l’utente può effettuare un reclamo all’autorità di controllo.

Il miglior atteggiamento da mantenere sicuramente sono la trasparenza e il buon senso. L’azienda può ricorrere a diversi strumenti come ad esempio i social per la propria divulgazione di aggiornamenti, ma si consiglia sempre di fare affidamento al sito web. Comunicare con i propri utenti è di fondamentale importanza e l’impiego di più strumenti può fare la differenza.

Fonte

https://www.cybersecurity360.it/legal/privacy-dati-personali/gestire-la-comunicazione-di-un-data-breach-consigli-pratici-e-linee-guida/